Missione Livello B - Santo Slayer

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    That awkward moment when your sarcasm is so advanced that people think you're stupid

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    Descrizione: Oggi ti occupi di un semplice compito. Devi trovare un luogo dove costruire una base temporanea per i tuoi loschi scopi, ma nel luogo più appropriato per questo vi è costruito un piccolo villaggio. Questo è costudito da uno shinobi che potrebbe darti dei problemi e sarà meglio per te sbarazzartene. Questi è un Mukenin A di Kumo che sa usare il nintaijutsu e si è appropriato del posto dominandolo con il pugno di ferro. Ora è il momento del suo declino e dell'arrivo di un vero Mukenin temibile come te...

    Buon game! :)
     
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    La gente vede la follia nella mia colorata vivacità e non riesce a vedere la pazzia nella loro noiosa normalità

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    CITAZIONE
    Dato che non trovo la missione in cui ho sbloccato il mangekyou chiedo di considerarla come tale. Ho infatti fatto riferimento ai normali canoni per lo sblocco anche se in maniera un pò corta, ma devo intervenire al summit prima che sia tardi ^^

    ~ † Shinto Uchiha † ~
    Nome Utente: Saint Slayer
    Nome Personaggio: Shinto Uchiha
    Grado: Grado S
    Livello: 21
    Status Fisico: Ottimale
    Status Mentale: Calmo...
    Status Chakra: Normale
    Quantità Chakra: Massimo
    Tecnica Segreta: Mangekyou Sharinghan
    Caratteristica del Personaggio: Chakra


    "L'apatia (apátheia, απάθεια), o impassibilità, è la virtù per eccellenza dello stoico, che come l'atarassia, ma con diversi effetti, consiste nell'assenza di passioni (páthos)."

    "L'apatia è strettamente legata al concetto di provvidenza: poiché lo stoico sa che tutto è come deve essere, egli non si esalta né si abbatte, fermamente convinto che ogni evento, anche spiacevole, sia teso verso il bene. Con essa, credevano i filosofi stoici, l'uomo poteva essere veramente felice, perché se ci si lasciava attrarre troppo dall'entusiasmo, una volta che le cose fossero andate storte, si sarebbe caduti nella delusione. È questa la differenza essenziale tra la tristezza e l'apatia.
    Così descrive l'apatia il poeta romano Orazio:
      «Rebus angustis animosus atque
      fortis appare; sapienter idem
      contrahes vento nimium secundo
      turgida vela.»

    Ovvero: Negli eventi sfavorevoli mostra un animo forte; allo stesso modo raccogli sapientemente le vele gonfie per il vento troppo favorevole.

    In tale affermazione si nota quanto il concetto di apatia si allarghi all'interno dell'eclettica cultura romana fino ad inglobare posizioni epicuree come l'aurea mediocritas.
    Da non confondersi l'apatia con l'atarassia che si riferisce all'imperturbabilità del saggio di fronte alle passioni e desideri tale da generare in lui una condizione di serenità e tranquillità (piacere catastematico, stabile).
    Nell'atarassia l'uomo è quindi soddisfatto della sua condizione e rinuncia ad ogni azione per modificarla, al contrario per lo stoico l'apatia è la liberazione della passioni per intraprendere un nuovo percorso, libero da passioni e sentimenti, quello condotto sotto il segno della razionalità."

    "Lo stoicismo è una corrente filosofica e spirituale fondata intorno al 300 a.C. ad Atene da Zenone di Cizio, con un forte orientamento etico.[...] Gli stoici sostennero le virtù dell'autocontrollo e del distacco dalle cose terrene, portate all'estremo nell'ideale dell'atarassia, come mezzi per raggiungere l'integrità morale e intellettuale. Nell'ideale stoico è il dominio sulle passioni o apatìa che permette allo spirito il raggiungimento della saggezza."

    "L'Atarassia è un termine filosofico, dal Greco ἀταραξία (da α + ταραξις letteralmente "assenza di agitazione"), già usato da Democrito, ma che venne particolarmente in uso nella terminologia delle scuole post-aristoteliche, stoica, epicurea e scettica, per designare "la perfetta pace dell’anima che nasce dalla liberazione delle passioni" nel più ampio contesto della filosofia etica legata alla ricerca della felicità (eudemonia)."



    Apatia, mancanza di un senso per la propria vita data dalla propria volontà, pensieri di inutile fine e totale mancanza di muovere un muscolo. Era questo ciò che provavo dal profondo di me stesso. Ora, ridotto in quello stato dopo tutto quello che era successo... Assolutamente schifoso, inutile, e colmo non più di rabbia, ma di qualsivoglia voglia di vivere. Lasciar scorrere la propria vita come un ruscello scorre sul proprio letto. Questa sarebbe sicuramente stata un'ideale per me, rinchiuso nel mio piccolo guscio formato da quelle quattro mura solitarie. Taiyo? Che fine ha fatto Taiyo? Era da un pò che non ci tornato in effetti e un viaggetto non mi avrebbe di certo fatto schifo, ma infondo cosa mi fa schifo ora e cosa mi piace? Nulla. Il Nulla, era questo quello che pensavo più di tutto. Quelle nuove vesti non avevano cambiato ciò che ero, come si dice infondo l'abito non fa il monaco. Questo era proprio il caso di dirlo. Dall'alto del potere che i miei occhi mi concedevano nulla avrebbe più fermato la mia voglia di cancellare chiunque incontravo. Non era odio, non era amore, era una cosa del tutto diversa, del tutto estranea a questi avvenimenti, era più che altro Apatia. l'Apatia nel vivere, l'Apatia nel socializzare con le altre persone, tanto che mi ero messo una maschera con un sol spiraglio per poter rendere ancor più misteriosa la mia identità. Era ormai un pò di tempo che viaggiavo e sistemarmi in quelle quattro mura non fu affatto una cattiva idea. Tempo di pace, tempo di tranquillità e di relax. Ottimo per organizzare la propria testa, oppure no. Una volta una persona mi disse:

    ma... ma... ma tu sei come un cane rabbioso, un cane che insegue le macchine. Una volta che le raggiungi e le mordi che fai? Te ne cerchi altre. Tu non hai uno scopo, il tuo scopo è non averlo

    Tsk... Al sol ricordo di quelle parole non mi può che venire un sorriso. Mi ricordavo ancora la scena nel mio letto d'ospedale, a konoha, quando Karasu era ancora Leader e una persona dal volto sconosciuto mi squadrò per quello che ero.

    Tu... Tu mio caro Shinto... Tu sei un agente del Chaos! Tu... Vedi... Tu vuoi il chaos, cerchi il chaos. In battaglia non uccidi il tuo nemico, gli crei attorno del chaos così che tutti si impauriscano. Le tue idee sono caotiche, i tuoi pensieri convergono al Chaos, tutto ciò che scrivi, vedi, leggi, tutto viene rivolto al Chaos! E' lui che controlla la tua vita, i tuoi impulsi, il tuo respirare. Il sol cuore batte in maniera caotica. Molti pensano che sia derivato dalla frequenza cardiaca e dalle emozioni provate, l'adrenalina e altri fattori... BALLE! sei tu che decidi quali emozioni provare, e il fatto che le provi non fa altro che aumentare il chaos nella tua testa, finchè non dici basta! Basta con tutto ciò, ma ormai, il tuo cuore, batte all'impazzata ma i battiti non saranno regolari, non lo saranno mai! Guarda tu stesso ora! Vuoi punirmi per la morte della tua amata, allora fallo! Oppure, lasci che sia qualcos'altro a decidere, qualcosa di più equo: il chaos...

    La sua voce dai ritmi a volte frenetici, a volte calmi, caotica per così dire, era entrata nella mia testa. Prese un kunai, se lo mise attaccato alla gola e me lo diede ma, con la mano sinistra, mi diede un foglio di carta piegato.

    All'interno c'è un numero, sceglierai tu le sorti, se è pari cosa succede, se è dispari cos'altro...

    Lo guardai stranito, avrei potuto dire tante, tantissime cose, ma l'unica che mi veniva in mente era solo una

    Dispari muori...

    Una volta aperto il foglio un sorriso, solo questo prima di non ricordarmi quasi più nulla. Anche ora stavo guardando ancora il soffitto, fermo e duro come la roccia. Ero nel mio letto, sdraiato come all'ora, quando nulla era rivolto all'ordine in quella casa. Tutto messo al suo posto ma non era in ordine un bel niente. Piatti da cucina in camera, lenzuola nel soggiorno e una TV persino in bagno. Qualcuno dirà magari che i soldi non comprano l'intelligenza, e invece io penso che l'intellingenza non porta ai soldi, ma ad uno status effimero di superiorità. Essere intelligenti non vuol dire essere furbi. L'ordine e il caos, due facce della stessa medaglia, infatti non mi importava più nulla di come si portava a termine un lavoro, bastava farlo, punto. Dal mio posto, stando sempre così fermo, riuscivo quasi a notare come il sole spostava le ombre in casa mia, le mie stesse ombre, la mia stessa... ombra. Girai il volto con calma, con uno sguardo quasi assente, appoggiando il fianco destro del mio volto sul cuscino per vedere come, la mia stessa ombra, si allungava quasi volesse strapparsi via da me. Di tanto in tanto uno sguardo per vedere fuori dalla finestra come, in quell'isolato conglomerato di case, la vita cominciasse a scorrere di nuovo, come un fiume. Le rondini spiccavano il volo ignare di ciò che gli sarebbe accaduto. I bambini giocavano in strada come se nulla fosse, come se fossero invincibili e che non possano provare un terribile dolore. Una saggezza che forse molti dovrebbero cominciare a non avere più, perchè più si pensa che si è intoccabili più quando ci si ferirà si sentirà dolore, si proverà tristezza, rabbia, l'adrenalina sale, il corpo comincia a reagire al dolore focalizzando il pensiero sulla zona colpia. Il corpo comincia dunque a collassare su se stesso perchè questa è una sensazione nuova, la sensazione della Paura. Una sensazione forse nuova o forse no, che ti immobilizza, rende ogni centro nervoso incapace di inviare informazioni su tutto il tuo corpo, dove il tuo sguardo ormai avvolto e cosparso di una sensazione così strana è esterrefatto, incredulo anche. E' in quel momento che si fa notare chi si è veramente. Non è davanti alla felicità, ma davanti alla paura, un sentimento così strano, diverso, anormale, caotico forse. In quel letto, cosparso di bende quasi ovunque, persino alzarsi stava diventando un'impresa, ma non era quello il momento per addormentarsi, non era quello il momento per gettare la spugna. In quel momento c'era ben altro in mente. Le bende, più che per servire per una ferita, servivano per coprire chi ero, per non far vedere quel guscio rotto che io definivo me stesso. Avevo bisogno di una pelle, di una protezione per così dire. Solo i miei occhi erano scoperti assieme ai capelli corvini ma corti. Il mio sguardo, fisso verso il soffitto, non voleva saperne di muoversi, ma perchè mi dovevo muovere? Cosa mi spingeva ad alzarmi dal letto? Sono una persona apatica dopotutto, perchè muoversi? Perchè decidere di fare qualcosa? In realtà un motivo c'era, c'era sempre un motivo, dal più effimero al più concreto: una volta bisognava fare la spesa, una volta invece c'era una missione, una commissione. Questa volta, invece, non c'era nulla di tutto ciò. E quindi, ripiegando la testa verso il cuscino, chiusi lentamente gli occhi prima che un altro pò della mia stessa vita si sarebbe consumata in quel letto...




    Ancora qualche ora...




    ... Ancora qualche minuto...




    ... Il tempo passava e la giornata con lui. La sua interminabile e inarrestabile corsa rendeva se stesso costante. Il tempo... Il tempo di una sigaretta, di un aperitivo, di una sveltina anche. Tanto si diceva sul tempo ma niente si era capito su di esso. Chi sapeva cos'era il tempo? chiunque, può darti una risposta del genere:

    "Il tempo è la dimensione nella quale si concepisce e si misura il trascorrere degli eventi. Essa induce la distinzione tra passato, presente e futuro."

    Questa definizione potreste trovarla su un dizionario, o semplicemente cercando da qualsiasi fonte di conoscenza, ma un conto è sapere il tempo, un conto è comprendere cos'è il tempo. Non è nulla di tutto ciò, non è nulla che quella definizione possa dire. Il tempo è inafferrabile, impercettibile, il tempo... il tempo è inspiegabile. Molti pensano di capire il tempo ma non fanno altro che sprecare il loro stesso tempo per capirlo. Perchè capirlo? non si può semplicemente... usarlo? Così si possono evitare inutili conseguenze legate ad esso, come ad esempio sprecarlo. Il tempo però passava e la situazione non cambiava affatto. Però, d'un tratto, un rumore...

    "Tump! Tump Tump! Tump!"

    A quanto pare la porta sbatteva contro qualcuno... no aspetta forse era il contrario. In uno stato di sonnolenza mi girai aprendo gli occhi... A quanto pare la porta sbatteva veramente contro qualcuno! Aspettai qualche secondo e poi, con calma, dissi con voce un pò rauca

    Chi è? Cosa volete? qui non voglio testimoni di Jashin, credo in un'altra religione mi dispiace. Non voglio neanche perle con annessi tumori al fegato gratuiti, non dono soldi e sono uno stronzo materialista.

    Dopo qualche secondo, forse a causa di una esitazione, due voci leggermente acute, forse di bambini, dissero

    Signor Shinto, Signor Shinto! Siamo i fratelli Kurasawa, presto ci apra, c'è una persona cattiva che ci sta inseguendo! Aiuto la prego!

    Nel frattempo, nonostante la malavoglia, presi i miei abiti scuri e me li misi, giusto i pantaloni, una maglia, i due guanti che servivano per coprire il mio corpo salvo la mia testa. Nel frattempo, da dietro la porta, i due...

    Presto presto! No non ci portare via! Lascia stare mio fratello! Non portarlo via! nooooo!

    Il tempo di aprire la porta ed ecco che un energumeno, alto più di me e dai muscoli pesanti, stava portando via i due ragazzini di peso, uno per la maglia e l'altro per i capelli.

    Eih tu tartaruga, cosa ti credi di fare? Appoggiali con calma per terra...

    Dissi notando che la casa dove abitano era stata messa a soqquadro... Si girò come se fosse la cima dell'everest a guardare una formica, appoggiò i due ragazzini e avvicinandosi a me disse

    Cosa vuoi, pivello? Cerchi per caso guai?

    Spostai la parte superiore del corpo verso destra, cercando l'attenzione dei due ragazzi e, con un sorriso, dissi

    Andate da mamma e papà probabilmente ora avranno bisogno di voi, l'arrivo improvviso di una grassa tartaruga non si sistema da solo, su... su... andate

    E così, dopo poco, andarono...

    Dicevamo? Ah si... lasciali stare, nessuno te l'ha mai detto che i vicini di casa possono essere terribili?...

    Neanche una risposta, la rabbia prevaleva sul suo volto in maniera indiscutibile, ne sembrava colmo. Neanche il tempo di un battito di ciglio che ecco la sua grossa mano che stava per prendermi. Un leggero movimento verso l'indietro, la presa, da parte della mia mano sinistra del suo polso destro, mentre con la mia mano destra mi ero avvinghiato alla parte anteriore del suo collo. Premevo sul polso così forte che quell'enorme tartaruga piegò le ginocchia abbassandosi e con uno sguardo del tutto impaurito

    ... Ecco, è questo che voglio vedere quando mi guardi direttamente negli occhi: paura. Ora non riesci nemmeno, con la tua mano sinistra, a prendere il mio braccio destro perchè il dolore che provi sul polso è troppo grande. Premo abbastanza per farti inginocchiare ma non abbastanza per spezzarti il polso, pensa un pò. Mi dispiace mi hai preso nel giorno sbagliato...

    Ed ecco che ad un tratto...

    "Crack!"

    In quel momento dall'effimera eccitazione, dal piacere istantaneo, il dolore era estenuante, ma più il suo dolore si manifestava, più il mio sguardo appagato si mostrava sotto le bende.

    Se era il mio giorno fortunato eri già morto. Ora va e non tornare...

    Lasciai la presa e notai che quell'energumeno scappava come un coniglio. Aspettai qualche secondo e poi rientrai in casa, chiudendo la porta. Cercai la mia maschera e quando la trovai, la misi con una strana calma. Ogni volta che la mettevo mi veniva in mente la volta che la misi per la prima volta, prima di allontanarmi per un certo periodo da Taiyo. Il capo villaggio lo sapeva ma avevo delle ricerche da fare, ero sempre stato curioso, per così dire, del mondo. Avvolto dalle bende sotto i miei vestiti esse premevano senza però far male, resistevano, come un guscio appunto. La prima volta che misi quella maschera... il villaggio del sole era così radioso e tranquillo, la vita ricominciava quasi come da un letargo, le vie della città si animavano pian piano col sorgere del sole, e io, dalla stanza del capo villaggio guardavo tutto questo. La sua voce, perentoria, che mi diceva

    Fai attenzione Shinto, non ti perdere.

    All'inizio non capii affatto ciò che aveva detto ma ora, rivedendo questa maschera mentre si avvicinava al mio volto, capivo appieno quelle parole.

    No non mi sono perso, è che devo rallentare un pò, non è solo la mia mente l'unica via, lo è anche il mio corpo.

    E così, una volta preso ciò che dovevo, poco dopo quella casa fu vuota, vuota come ciò che provavo in questo momento.




    La famiglia Kurasawa era ancora lì che cercava di raccogliere ciò che era rimasto di quella bufera "tartaruga" quand'ecco che, seduto sul bordo di una finestra con il gomito destro appoggiato sulla gamba e la testa che appoggiava sul braccio, mi presentavo ai 4 superstiti dicendo

    Yo, non sapevo che per oggi erano previsti uragani di tartarughe

    Ovviamente il sarcasmo non mi mancava, ma di certo non venne apprezzato da parte dei due adulti che mi guardarono con un'occhiata storta, mentre il marito rispondeva senza smettere di fare pulizie

    Neanche di uomini mascherati, ma la ringrazio per ciò che ha fatto ai nostri due figli

    Non c'è di che, infondo mi annoierei ancor di più senza le due sveglie Kurasawa delle 8 e 10... Cosa voleva?

    La moglie, squadrando il marito, disse ai due figli

    Andiamo a pulire in camera, dai susu andiamo

    Disse con un sorriso di circostanza e così, dopo qualche attimo di silenzio, rimasero nella stanza il sottoscritto e il padre...

    Quell'uomo è lo scagnozzo di uno strozzino. Chiunque qui in questo villaggio gli deve dei soldi, e non perchè si è indebitato, ma perchè lo ha deciso lui. Arrivò un giorno di una non lontana estate con la sua boria e la sua aria di sfida. Entrò in ogni casa e la proclamò sua. E' già tanto che non abbia stuprato mia moglie come ha fatto invece con altre ragazze del villaggio. Lei è qui da poco ma la prossima casa che quello scagnozzo avrebbe visitato era la sua. Viene qui una volta al mese e so solo che chi ha cercato di fermarlo è stato ritrovato morto sul fiume, ma una volta vidi soltanto che in un attimo un'aura gialla lo cosparse per poi sparire alla mia vista. E' tutto ciò che so...

    Disse con un'aria delusa. I suoi pugni stringevano la scopa di legno quasi a volerla spezzare, lo sguardo vuoto nei confronti del pavimento, una sudorazione accentuata e i suoi occhi, i suoi occhi colmi di quello stesso sentimento che avvolge ognuno di noi nei momenti di sconforto: la rabbia per la propria impotenza. L'impossibilità di poter fare qualcosa, di poter agire, per proteggere qualcuno. Lo squadrai bene, per molto tempo il silenzio regnò sovrano in quella stanza. Notai ogni sua espressione, ogni suo muscolo muoversi, e infine...

    Ok ho capito grazie per l'informazione, se vedrò qualcuno bussare alla mia porta saprò come difendermi

    Il mio tono ironico non scomparve ma la mia figura dopo poco si. Mi dovevo muovere altrove ma, unite le mani all'altezza del petto prima e per terra poi far apparire due corvi da una nuvola di fumo.

    Vai a Taki dovrebbe esserci il summit ora, su forza...

    Ed ecco che un volatile spiccò il volo verso quella destinazione. Ora uno dei miei problemi era risolto. Oggi forse sarebbe stata una giornata importante, chi lo sa. L'altro, invece, spiccò il volo alla ricerca di quell'energumeno e dopo poco, dopo aver visto la direzione dalla quale era scappato, lo ritrovò. Volava alto nel cielo e seguirlo non fu affatto difficile. Percorsi svariati chilometri prima di incontrare il primo villaggio e a quel punto il sole era già alto nel cielo. Una volta entrato nel villaggio mi mischiai tra la folla, notando sempre il corvo svolazzare e andare in una direzione precisa. La mia figura, tra la folla, si mischiava come il color nero in un mix di grigiori. La stessa sensazione che doveva sentire quel padre di famiglia qualche ora prima, essere un nulla a confronto di una forza inamovibile. Un sospiro prima di vedere che il corvo si appoggiò sul tetto di una casa. Passai per il vicoletto di lì seguente e notai delle figure assieme all'energumeno. Feci finta di nulla e proseguii prima di sparire alla loro vista...




    Cos'è successo?

    Un uomo mi ha spezzato il polso con sole due dita...

    E un omaccione come te si è fatto battere da un ragazzino?

    Mi dispiace boss...

    Non importa, tanto hai fatto parte del tuo dovere, a quanto pare ti sei fatto seguire veramente bene...

    Allora, da quando i corvi vengono in questo villaggio?


    Disse infine quella voce profonda quasi verso il vuoto. Nel frattempo un altro corvo si aggiunse al primo sul limitar del tetto. Da dietro il muro sulla quale era appoggiato eccomi seduto a vederli dall'alto.

    Da quando qualcuno ha bussato alla mia porta per chiedermi soldi, semplice no? Comunque buongiorno

    Dissi muovendo la mano in segno di saluto e con tono allegro. Neanche il tempo di una risposta quand'ecco che i suoi scagnozzi saltarono verso di me... alcuni istanti e...

    "Stink! Stump! Stan! Doooooooooong"...

    Eccoli lì, a terra, stesi... Rimaneva solo più il boss quand'ecco che sta volta sul tetto vi era un piccolo stormo di corvi. Tutti gracchiavano quasi fossero dei mangia carogne affamati. Ora ero davanti a lui, fermo, prima che rispose

    E così sei tu quello che li ha stesi. Complimenti, ma ora si cambia musica. Hai voluto combattermi e ora ne subirai le conseguenze.

    Quand'ecco che un'aura gialla, fatta di fulmini, lo cosparse. Io rimanevo fermo, immobile, senza far vedere il mio occhio. Un attimo ed ecco che partì come un razzo verso di me, o verso la figura che egli vedeva. Nel guardarlo, con lo sharinghan, mi veniva in mente quel momento in cui mio fratello, il mio più amato fratello, veniva ucciso nella stessa maniera, rude e barbarica, con una delle morti più lente di tutte in battaglia: la decapitazione. Ci vogliono infatti 5 o 6 secondi prima che la vittima cessi di vivere, o per lo meno la testa cessi di vivere. Ecco che, in un attimo, quel ricordo risvegliò in me un potere antico, e strano. I miei occhi cambiarono entrambi e diventando simili al simbolo del triskell, un simbolo a 3 code che ognuna mangiava l'altra, però ora c'erano 3 sfere. Un attimo prima che...

    No! Io non voglio finire come mio fratello. Non è giusto! Non mi taglierai la testa... Semplicemente, mi passerai!

    Forse un ricordo del fratello, forse un pensiero vivo nella mia testa, chi lo sa. So solo che mi passò senza farmi un graffio. Finì la sua corsa prima di dire

    Che diavoleria è mai questa? Come hai fatto a scansare il mio lariat? Nessuno c'era mai riuscito! Moriraaiiiii!

    Un urlo e una seconda carica, ma anche questa volta, niente. Appena mi passò, di scatto, lo toccai alla schiena e un vortice, uno strano vortice, lo assorbì del tutto facendolo sparire via... I suoi scagnozzi rimasero sbigottiti, quasi increduli. Ora avevo capito cosa in parte c'era scritto nella stele degli uchiha, ma al tempo lessi poco e niente. Dovevo saperne di più. Li guardai tutti e dissi

    Ora sarò io il vostro capo, continuate a lavorare e date i soldi a me. Terrete la parte che il vostro ex "boss" vi dava, non mi interessa ciò, ma ora è meglio che vada...

    Dissi prima di disperdermi nella folla di nuovo. Ora ero io il capo... Ora comandavo io... Ma nonostante ciò non mi cambiava più di tanto, dovevo fare un'altra cosa... ora, ora mi attendevano delle persone desiderose di andarsene a quanto pare. Desiderose di essere i padroni delle loro stesse ombre...
     
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