Giusto una bevuta...

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  1. † Askel †
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    GIUSTO UNA BEVUTA.

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    Me ne stavo in piedi nel mio nuovo ufficio. Era passata appena una settimana da quando avevo conquistato il villaggio, e gli abitanti di Amegakure erano ancora in fermento. Per prima cosa, avevo dovuto accaparrarmi il favore dell'esercito e della polizia cittadina; per fare ciò, avevo dovuto far mostra del mio grande potere, compresa la mia Kekkei Genkai. Il Mokuton aveva convinto quei grandissimi froci a starsene al loro posto e a rispettarmi. Da lì era poi piovuto tutto il resto: i cittadini mi amavano. Ma non perchè avessi fatto qualcosa in particolare per meritarmi il loro affetto, bensì per il semplice fatto che coloro che mi odiavano stanziavano già a qualche metro sotto terra. Senza neppure rendermene conto, mi ero trasformato in un perfetto dittatore; uno di quegli stronzi che avevo odiato con tutto me stesso fino a poco tempo fa. Spesso mi giustificavo, ripetendomi che quello era l'unico modo per mantenere l'ordine in un paese di sporchi mukenin; mi ripromettevo che non appena le cose si fossero sistemate, avrei cambiato atteggiamento nei confronti dei miei abitanti.
    Mi diressi verso la grossa finestra sulla parete a sinistra e osservai fuori. Pioveva. Pioveva come sempre in quel fottutissimo posto dimenticato da Dio; e tutti quei palazzoni ipertecnologici non facevano altro che mettermi ansia e paranoia. D'un tratto, senza neppure rendermene conto, rimpiangevo Konoha e la sua genuinità. Era come se qualcuno avesse raccolto tutta la merda del mondo ninja e l'avesse depositata appositamente nel Villaggio della Pioggia. Ogni giorno scoppiavano rivolte, o qualcuno si faceva ammazzare per futili motivi. Una città di incivili, balordi. Certo però due o tre si salvavano, soprattutto i funzionari amministrativi. C'era chi a quel villaggio sembrava tenerci davvero un sacco e si impegnava al massimo per migliorarlo in tutti i sensi; costoro spesso ripetevano il nome di Kakuzu, osannandolo come l'unico leader che fosse stato in grado di occuparsi di Amegakure a dovere. Non mentivano: giorno per giorno mi accorgevo come ogni cosa positiva in quel buco di merda fosse stata realizzata, o quanto meno ideata, da Kakuzu. Bastava pensare al solo fatto che suoi erano i sistemi di difesa che tanto mi avevano lasciato sorpreso. Quanto a me, avevo dato un solo ordine da quando ero al potere: ricostruire le parti distrutte della città, esattamente com'erano prima. Iniziavo a pensare di non esser tagliato per quel mestiere, ma poi usavo giustificarmi dando la colpa al villaggio e ai suoi abitanti; mi ripetevo che se fossi stato a capo di una delle grandi nazioni, le cose sarebbero andate in maniera differente. Per il resto, mi ero limitato a compilare montagne di scartoffie amministrative. Zero rapporti su questioni diplomatiche: nessuna nazione, neppure tra i villaggi minori, voleva avere a che fare con Amegakure; anzi il Villaggio della Pioggia era abbastanza detestato da tutti, e al mio interno covavo il timore che Konohagakure, una volta scoperta la mia ubicazione, ne avrebbe approfittato per dichiarare guerra ad Amegakure. Ero sempre più stressato e fuori iniziava a diventare parecchio buio; presi una sigaretta dal mio contenitore metallico e me l'accesi, stringendo il bocchino tra i denti e tirando come un ossesso. Non avevo aperto neppure la finestra: al ricambio d'aria ci pensava un sistema d'areazione abbastanza efficiente. L'unico problema era la puzza di fumo che rimaneva inesorabilmente attaccata a vestiti e mobilio. Mi gettai sulla poltrona di fronte alla scrivania e pensai che per quel giorno potevo anche chiudere col lavoro, dopo tutto era già passata ora di cena ed ero parecchio stanco. Speravo con tutto me stesso che la situazione migliorasse nei giorni seguenti, tuttavia la strada la vedevo parecchio in salita. Mi presi la testa tra le mani e appoggiai i gomiti alla scrivania, mentre tra le dita della mano destra ancora reggevo la sigaretta. Non c'era alcun modo per me di dilettarmi: non conoscevo nessuno, ero completamente solo e privo di compagnia. Finii la sigaretta e la spensi con violenza nel posacenere, salvando unicamente il bocchino in metallo. La mia mano sinistra aprì istintivamente il secondo cassetto della scrivania e tirò fuori un contenitore pieno di capsule. Lo aprii ed estrassi una compressa d'antidepressivi; la ingerii aiutandomi con un po d'acqua e attesi che iniziasse a farmi effetto. In realtà ero molto assuefatto a quelle merdate, quindi sapevo già che ne avrei dovuto prendere altre nel giro di poco tempo: dopo tutto ne facevo uso da quando era solo un ragazzo e venivo maltrattato dal mio clan. Misi il contenitore nella tasca interna del mio impermeabile nero e mi tolsi il camice bianco che solitamente indossavo per sbrigare le faccende da leader. Non so: mi dava un tono più elevato, più professionale. Indossai invece una divisa impermeabile nera, la stessa nella cui tasca avevo depositato gli antidepressivi. Mi spostai di fronte alla porta d'ingresso del mio ufficio e misi la mano sul pomello. Stavo facendo una stronzata: se fossi uscito dall'edificio attraverso ascensore e corridoi un mucchio di funzionari mi avrebbero fermato per presentarmi ulteriore lavoro. Chiusi dunque a chiave la porta e mi diressi nuovamente di fronte alla finestra: stava ancora piovendo, e non accennava a smettere. Aprii la finestra e mi lanciai già in caduta libera. Contemporaneamente generai dal terreno sottostante un grosso fusto di legno che accogliesse la mia caduta venendomi incontro ed evitasse che mi sfracellassi al suolo. La colonna di legno mi accompagnò come un ascensore fino al terreno, dopo di che mi incappucciai e presi a camminare verso il distretto inferiore, il più malfamato e quello dove sicuramente avrei incontrato meno funzionari pubblici. Provavo un forte desiderio di immergermi nella realtà quotidiana di quel villaggio, per scoprire il modus vivendi dei suoi abitanti, quelli veri: i mukenin. Attraversai ben due cinte murarie prima di ritrovarmi nel distretto inferiore. Una vera merda: file infinite di casermoni cementati che offrivano alloggio ai poveri lavoratori e contadini, insomma la fascia più bassa della popolazione. La gente camminava sotto la pioggia col profilo basso, senza mai incrociare lo sguardo di nessuno, e attraverso i vicoli potevo chiaramente vedere scene di malvivenza: spaccio, tossicodipendenti collassati, pestaggi, furti e altro ancora. Non intervenni in alcun caso: pensavo che se la dovessero sbrigare tra loro, senza che intervenissi io. Con quale autorità poi? Il leader del villaggio? Non mi avevano mai visto, nessuno di loro probabilmente. Erano solo poveri cristi che guardavano un cambio di governo dopo l'altro senza che niente e nessuno mutasse la loro miserevole condizione. Quella era la loro vita: più simile a quella di una bestia che a quella di un cittadino. Mi accorsi che mi stavo nuovamente perdendo in quei pensieri imparanoiati, pertanto decisi di mandare giù un'ulteriore compressa. Mi sentii quasi subito meglio, forse anche perchè ero finito in un lungo viale pieno di locali e strip, ovviamente uno più malfamato dell'altro. Decisi di entrare in uno a caso, senza alcun criterio o arbitrio. Il locale era molto piccolo, ci saranno stati massimo cinque tavoli in legno, e in fondo stanziava il bancone con dietro un individuo dai lunghi capelli scuri tenuti legati a coda di cavallo e con una benda nera che gli copriva l'occhio destro. Quell'uomo, probabilmente proprietario del locali, se ne stava dietro al bancone a pulire boccali con uno straccetto sporco e a fissare i clienti e le loro mosse. In realtà il locale non era molto frequentato, e la maggior parte dei clienti era troppo sbronza per poter anche solo alzare la testa dal tavolo e guardare chi fosse giunto in quel locale. Di sicuro ero il meglio vestito e il meglio messo: profumavo e i miei capelli erano b ben tenuti, cosa che sembravo avere in comune unicamente con il barista. Mi avvicinai con passo lento e cadenzato al bancone, mi sedetti ed ordinai un bicchiere di vino rosso. In realtà non era consigliabile bere sopra agli antidepressivi, tuttavia da medico qual'ero sapevo bene che il danno riportato dal mio fegato non era necessario a farmi morire, e che anzi lo stile di vita che conducevo mi avrebbe portato alla morte molto prima di alcol e antidepressivi. Mentre ero immerso in tali pensieri, mi venne posato di fronte dal barista il mio calice di vino. A prima vista non sembrava così male, o quanto meno meglio di quanto mi aspettassi. Portai il calice alle labbra e sorseggiai un po di vino rosso: neppure il sapore era poi tanto male. Doveva essere uno di quei vini importati da Kusagakure, famosa in tutto il mondo ninja per la sua abilità nella viticultura. Lo domandai direttamente al barman, che mi rispose quasi seccato che quel vino lo producevano i nostri vigneti, nelle campagne del distretto inferiore, lo stesso dove mi trovavo io in quel momento. Solo a quel punto notai quanto il barista fosse nervoso: continuava a strofinare con il suo panno i bicchieri sporchi, ma lo faceva in maniera nervosa e spasmodica. Decisi di lasciar perdere e di godermi il mio buon vino. Intanto qualcun'altro era entrato nel locale, ma io non ci avevo fatto molto caso. Quest'uomo, dall'ispida barba chiara e dai capelli corti e ben tenuti, si sedette nello sgabello accanto al mio, e ordinò un bicchiere di scotch, dopo di che si voltò in mia direzione e prese a parlare.


    Che si dice, amico? Non ti ho mai visto da queste parti...

    Mah, non sono solito frequentare questa zona...

    Ahahhaha, non sai che ti perdi, amico! E sentiamo, da dove arrivi?

    Lavoro nel distretto imperiale, e passo la maggior parte del mio tempo lì. Tu?

    Finsi interessamento. Intanto era arrivata la sua ordinazione, che in un baleno era finita dritta dritta nel suo stomaco: one shot. Entrambi ci ritrovammo col bicchiere vuoto davanti, feci dunque segno al barista di portare un altro giro delle nostre ordinazioni. Pagavo io, era sottinteso. Dopo tutto, avevo appena finito di pensare che ero completamente solo in quello schifo di città, e un po di compagnia non mi avrebbe certo fatto male, senza contare che gli antidepressivi mi avevano preso al cervello. Il secondo giro arrivò, e l'individuo, che intanto s'apprestava a dar risposta alla mia domanda, mostrò gran gratitudine per l'offerta ricevuta. Buttò giù anche il secondo scotch, al che la sua faccia divenne tutta rossa paonazza.

    Uff, amico. Non ne avrò mai abbastanza di questo liquido infernale!
    Comunque io abito quì, nel casermone quì di fronte. Questo bar lo frequento tutti i giorni: saprei dirti a memoria tutti i nomi di chi lo frequenta.
    Aspettaspettaspetta! Hai detto quartiere imperiale?? Tu si che te la passi bene, amico!


    Non mi lamento...
    Di certo le cose lì non stanno messe male come quì.


    Ah, amico, cosa ne vuoi sapere tu di come vanno le cose quì?
    Stanno molto peggio di quanto credi...
    Lavori con il nuovo leader? Ho sentito dire che c'è stato un nuovo colpo di stato...sai che novità!
    Ahahaha. Quì c'è un cambio di governo ogni mese, ormai neppure più diamo peso a chi stà lassù, perchè tanto sappiamo benissimo che non ci resterà a lungo. Senza contare che la nostra situazione non cambia mai di una virgola...Quì nel distretto inferiore le cose vanno di merda, da sempre e per sempre.


    Di che ti occupi, tu?

    Ah, lavoro in una fabbrica quì vicino. Metalmeccanica, sai?
    Iniziai a lavorare sotto il governo di Kakuzu. Ah, quello si che ci sapeva fare!
    E' merito suo se Amegakure ha raggiunto questi livelli. Io abito quì da quando sono nato, e prima del suo governo, amico, ti assicuro che non avresti voluto vedere in che stato era ridotto questo postaccio.
    Ma purtroppo è morto, o così credo. In ogni caso, non c'è più. E alla nostra merda non ci pensa più nessuno.


    Non risposi; mi limitai ad una pacca sulla spalla, prima di ordinare un altro giro. Il resoconto di quel tizio mi aveva insegnato più cose su Amegakure che tutte quelle scartoffie negli archivi del mio ufficio. Ora avevo ben chiaro come se la passava la gente quì nei bassifondi, ma soprattutto cosa pensava del governo. Pensai a come era diverso quel distretto da quello imperiale: sembrava di cambiare totalmente villaggio. Mentre ero immerso in questi pensieri, entrò un individuo nel locale. Mi voltai, attirato dal suono dell'uscio che prima s'apriva e poi si richiudeva alle sue spalle. Il tizio era un uomo sulla mezz'età, dai capelli grigio fumo pettinati come un samurai; indossava un lungo impermeabile bianco e dietro la schiena gli penzolava la katana più lunga che avessi mai visto. Con le mani continuava a lisciarsi dei baffetti estremamente fini, mentre si avvicinava con passo ritmico e pesante verso il bancone. Il mio compagno di bevute mi diede due gomitate, come per dirmi di stare all'erta, mentre le nostre ordinazioni arrivavano al bancone.

    Questa è una delle ragioni per cui ce la passiamo così male...

    Lo guardai con sguardo enigmatico, al che lui avvicinò il suo muso rude al mio, al punto che potevo sentire l'odore di scotch penetrarmi nelle narici con violenza. Lui si limitò a sussurrarmi una parola.

    Mafia.

    Non poteva certo dilungarsi in spiegazioni, visto che il vecchio stava avvicinandosi sempre di più al bancone, dove eravamo posizionati noi, e presto lo avrebbe raggiunto. Lo fissai, seppure provassi un po di timore. Lui invece non mi degnò di uno sguardo, al contrario del mio compagno di bevute che ancora mi tirava gomitate per intimarmi di smettere di fissarlo. Il vecchio osservò con un ghigno amaro il barman, il quale sempre più nervoso strofinava i boccali sporchi.

    Vecchio: Kengo. Mio caro Kengo. Sai che giorno è oggi? Dovevi darmi la mia parte già due giorni fa!

    Capii immediatamente che si trattava di pizzo. Guardai il barman, che prese a tremare e a balbettare qualche scusa. Intanto mi guardavo intorno per osservare le reazioni degli altri ospiti del bar: nessuno stava guardando nè prendendo parte alla cosa. Ognuno guardava da un'altra parte, oppure se ne stava con la testa tra le braccia, appoggiato al tavolo.

    Vecchio: Non mi interessano le tue scuse, scarto di fogna! Voglio i miei soldi! Chi credi che comandi quì, eh? Questo è il mio distretto!

    Non ressi più: mi alzai di scatto, facendo cadere lo sgabello a terra e causando un gran frastuono, che risvegliò tutti nel locale. Il silenzio creatosi era quasi innaturale: chiunque aveva terrore di fiatare dopo il mio gesto. Sapevano tutti in quel bar come avrebbe reagito quel vecchio, ma fui io il primo a prendere parola, dopo essermi voltato verso di lui con fare del tutto pacato.

    Bah, e io che pensavo che questo distretto, così come gli altri, appartenesse a me.
    Mah, scemo io! Posso sapere chi è lei, signor nessuno?


    Dissi il tutto con tono pacato e terribilmente autoironico, tuttavia non smettevo di guardare fisso il mio interlocutore. Intanto mi accorsi che il mio compagno di bevute mi guardava come se fossi pazzo, o come uno che sta per morire...non ero mai stato troppo bravo a interpretare gli sguardi altrui. In tutto il bar era calato un silenzio innaturale, che sembrava dover persistere ancora in eterno. Il vecchio esplose in una fragorosa risata, come se non avesse preso le mie parole sul serio.

    Vecchio: Oh, pivello. Hai almeno idea di chi sia io? Io sono Tenzomaru Kazaki, ex comandante generale dei samurai del Paese del Ferro. Tu no...

    Lo interruppi.

    Non mi interessa chi tu sia, ma credo debba interessare A TE...CHI SONO IO.
    Io sono Marian Senju, il Senju senz'arte, del clan Senju di Konohagakure No Sato, attuale leader di Amegakure.


    Scandii le ultime parole così da dar loro maggiore importanza, tuttavia non sortii l'effetto desiderato: improvvisamente il silenzio si ruppe e tutti all'interno del bar scoppiarono a ridere rumorosamente, ad eccezione del barista e del mio compagno di bevute, il quale era talmente teso che per un attimo pensai dovesse esserci lui al mio posto. La risata scemò solo dopo qualche minuto, e il vecchio ne approfittò immediatamente per riprendere la parola; ma in realtà si limitò ad urlare una sola parola.

    FUORIIIIIII!

    Due energumeni seduti ad un tavolo vicino al bancone, sollevarono immediatamente il culo dalla loro sedia e vennero in mia direzione con fare minaccioso. Decisi di non opporre resistenza, tanto non sarebbero stati certo loro a farmi del male: essi infatti si limitarono solo a prendermi a braccetto e a trascinarmi fuori dal locale, io da parte mia mi limitai a voltarmi e a sorridere al mio compagno di bevute e al barista, solo per rassicurarli. Improvvisamente mi ricordai che stava piovendo, ma in realtà a ricordarmelo bastarono le enormi gocce che mi cadevano sui purpurei capelli, bagnandomi. Una volta in mezzo alla strada, mi liberai agilmente dalla presa di quei due idioti ubriachi, misi i miei palmi aperti sulle loro schiene e li spinsi uno contro l'altro, così che sbattessero tra di loro e cadessero a terra come pere mature. Il samurai si limitò a ridacchiare, probabilmente divertito dalla facilità con cui avevo messo KO i suoi due scagnozzi: capiva infatti in questo modo che potevo essere per lui un buon avversario, sebbene continuasse a sottovalutarmi...glie lo si leggeva negli occhi. Sfoderò la sua arma con tanta agilità che fu per me difficile seguire il movimento: era la katana più lunga che io avessi mai visto eppure lui la maneggiava con estrema maestria. Di tutta risposta, io sfoderai le mie due wakizashi, tenute in foderi incrociati tra loro all'altezza del mio fondoschiena. Le lame erano sensibilmente più corte, e anzi il contrasto con la mastodontica arma del mio avversario le faceva sembrare ancora più piccole, tuttavia ero davvero un maestro nel maneggiarle. Fu lui il primo a partire all'attacco verso di me, con un'agilità che non avrei mai pensato di vedere con un vecchietto del genere. I suoi attacchi erano composti ed eleganti, in pieno stile samurai. Reggeva la katana con ambo le mani, e i suoi fendenti erano precisi e velocissimi. Iniziammo un combattimento armato mozzafiato, e le nostre lame si scontravano così ferocemente che spesso ne partivano scintille. Intanto erano usciti tutti quanti dal locale per assistere allo scontro: dopo tutto era impensabile per loro che qualcuno sfidasse Tenzomaru, il capo della malavita di Amegakure. Passammo svariati minuti a combattere sotto la pioggia, esibendoci al massimo del nostro potenziale e sfoggiando grandi tecniche di combattimento armato. Incrociammo le lame pie più volte: affondi, fendenti, montanti e sferzate. Nessuna offensiva sembrava aver effetto su Tenzomaru; al contrario la sua lama aveva fatto centro già più volte sul mio corpo, ferendomi alla spalla sinistra e al fianco destro. Infine il samurai si esibì in un colpo magistrale, che riuscì a disarmarmi di due armi contemporaneamente: le wakizashi volarono al suolo tintinnando alla caduta. Le osservai cadere, e poi spostai lo sguardo sul mio avversario, il quale sorrideva preparandosi a infliggermi il colpo di grazia. Dopo tutto nella realtà dei samurai, chiunque avesse perso la sua arma sarebbe stato spacciato. Peccato che io fossi un ninja, e per quanto mi fossi divertito a fingere di poter contare unicamente sulle mie armi, era giunto il momento di mostrare il mio vero potenziale. Tenzomaru eseguì un affondo, con cui trafisse in pieno il mio petto. Purtroppo per lui, tuttavia, quello che lui aveva trafitto con tanta soddisfazione era un fantoccio di legno generato dalla mia tecnica della sostituzione di legno. Ci fu meraviglia generale tra gli astanti, i quali non potevano credere ai loro occhi: il mio vero corpo si trovava dietro al samurai, distante circa 3 metri. Impastai il chakra nelle piante dei piedi e, tramite il mokuton, generai un pilastro di legno sotto Tenzomaru, il quale fu proiettato a decine di metri d'altezza. Non appena fu giunto ad un'altezza sufficiente, feci ritirare agilmente il fusto di legno, così che il samurai rimanesse sospeso in aria e cadesse poi verso il basso. Avrei potuto lasciarlo precipitare al suolo; probabilmente già solo quello sarebbe bastato a decretare la sua morte, tuttavia iniziai a far ruotare le mani intorno ad un centro comune, così che al loro interno si generasse del chakra che desse poi forma al rasengan. Non appena vidi il corpo del samurai tornare giù, saltai e lo intercettai con il rasengan, colpendolo in pieno volto. Quando entrambi toccammo il suolo, la sua faccia era irriconoscibile e il suolo si ricopriva lentamente di sangue misto a pioggia. Mi voltai verso gli astanti e osservai una per una le loro facce: era evidente che molti avrebbero voluto esultare, tuttavia non potevano per paura degli scagnozzi di Tenzomaru e delle ripercussioni di cui avrebbero potuto soffrire. Capivo io stesso che con questo non avevo eliminato la malavita ad Amegakure, tuttavia era già un grande passo e nei giorni seguenti mi ripromisi che mi sarei occupato del distretto inferiore. Mi misi il cappuccio, e senza dire una parola mi diressi verso il portone che mi avrebbe permesso di tornare prima nel distretto superiore e infine in quello imperiale. Mentre facevo ciò, sentii i passi di qualcuno raggiungermi; mi voltai di scatto, temendo che fosse qualche scagnozzo in cerca di vendetta, ma in realtà si trattava solo del mio compagno di bevute.

    Marian-sama. Non vorrete lasciarmi quì!
    Mi hanno visto con voi! Mi uccideranno sicuramente! Lasciate che venga con voi...


    Affiderò un alloggio a te e alla tua famiglia nel distretto imperiale.
    Da oggi sei il mio segretario personale. Domani mattina ti voglio alle 7 nel mio ufficio, non un minuto di più non un minuto di meno...


    Detto questo mi voltai e continuai a camminare verso il mio palazzo, mentre da dietro sentivo le copiose frasi di gratitudine che il mio compagno di bevute mi lanciava. Ero soddisfatto: avevo fatto una buona azione, mi ero redento, e in più avevo anche un nuovo amico.




    TECNICHE USATE:

    Arte del Legno - Mokuton No Jutsu
    Rango: C
    Descrizione: Grazie a questa tecnica avanzata allo shinobi è permesso creare fusti di legno dal terreno, per poi controllarli e muoverli con la sua abilità. La grandezza media del fusto varia a seconda del grado d’esperienza raggiunto dal ninja, ma la sua lunghezza massima non potrà mai superare i 90 metri e il suo spessore i 5 metri.


    Tecnica della Sostituzione di Legno - Moku Kawarimi No Jutsu
    Rango: B
    Descrizione: Questa tecnica permette di generare dei tocchi di legno con cui sostituirsi rapidamente, è la stessa tecnica di sostituzione, l'unica differenza è che il legno viene creato direttamente dal ninja, rendendo l’azione ancora più rapida, dando al ninja l’occasione di evitare anche gli attacchi più rapidi. Usando però questa tecnica particolare, il ninja non potrà sostituirsi a più di 12 metri da dove ha avuto inizio la tecnica e non potrà apparire ad una distanza inferiore ai 3 metri da un essere vivente.


    Rasengan
    Villaggio: Konoha
    Rango: A
    Descrizione: Crea una sfera di chakra nel palmo della mano. Nonostante la potenza, questa tecnica non richiede particolari posizioni delle mani da imparare. Ecco le tre fasi di allenamento necessarie per impararla. Nella prima fase si deve unire il controllo del chakra usato nell'arrampicarsi sugli alberi a quello usato per camminare sull'acqua, immettendo il chakra in un palloncino pieno d'acqua e dandogli una rotazione, allo scopo di farlo esplodere.[Spiegazione aggiuntiva: impastando il chakra nel corpo si crea una rotazione, la cui direzione è intuibile seguendo la direzione in cui i capelli crescono. Se la rotazione impressa al chakra è contraria a quella dell'impasto la potenza è notevolmente diminuita a quanto può essere.] Per far esplodere il palloncino però, non serve solo imprimere all'acqua una rotazione in senso orario o antiorario, bisogna creare con il chakra tante correnti che si muovono in direzioni diverse. Superata questa prima ma sempre difficile fase, si passa alla seconda parte dell'allenamento. Qui bisogna far esplodere una palla di gomma piena di aria. Qui bisogna applicare ciò che si è imparato nella prima parte, ma per rompere la palla bisogna usare una potenza decine di volte superiore e una concentrazione altissima, perchè senza acqua è difficile immaginare la rotazione del chakra quindi metterla in pratica è molto più complicato. Completata anche la seconda parte, si passa all'allenamento finale per imparare a creare la sfera di chakra. Bisogna unire insieme gli sforzi della prima e della seconda fase, unendo il controllo e la rotazione del chakra alla potenza usata, aggiungendo altro chakra per stabilizzarlo nel palmo della mano creando una sfera al cui interno si muovono correnti di chakra diverse. Questa è la parte più difficile, perchè racchiudere tante correnti di chakra dentro ad una sfera creata sempre col proprio chakra è una cosa che riesce solo a pochissime persone, ninja molto potenti. Conseguito anche il controllo della sfera, la tecnica è finalmente completa.




    RAPPORTO CHAKRA/FATICA:

    S: 0/12
    A: 1/15
    B: 1/16
    C: 2/18
    D: 0/18





    Edited by † Askel † - 20/9/2013, 20:19
     
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  2. †The Sorrow†
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    2000 Punti Exp

     
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1 replies since 20/9/2013, 14:45   45 views
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